
Durante tutti gli anni che trascorse in America, Hannah Arendt parlò solo rare volte della sua infanzia.
Molto prima che l’ultimo dei suoi parenti lasciasse la casa di famiglia, a Konigsberg nella Prussia orientale, e che la città venisse prima distrutta e poi ricostruita come Kaliningrad, Unione Sovietica, la Arendt aveva già a più riprese scandito la sua vita in “prima” e “dopo”.
Ogni volta che lo faceva, il “prima”, l’infanzia, diveniva sempre più una faccenda privata, un segreto.
A diciott’anni, studentessa di teologia all’Università di Marburg, prese l’abitudine di operare questa cesura temporale, traducendola nel linguaggio poetico del suo maestro, Martin Heidegger:
“non più” e “non ancora”
Rispondi