
“L’acqua non aveva ancora cominciato a bollire quando la signorina Somers la versò sul tè
La povera impiegata non si rendeva mai conto se stava bollendo oppure no, e questo era uno dei mille handicap che tormentavano la sua esistenza …”
(Da Polvere negli occhi di Agatha Christie)
È risaputo che gli Inglesi hanno assunto il tè come loro bevanda nazionale, anche se gli dedicano un tempo inferiore rispetto ai più tradizionalisti Giapponesi o ai Cinesi – che bevevano il tè molto prima del XVIII secolo, epoca in cui noi Europei non britannici, l’abbiamo scoperta.
Sono cinque le principali categorie di tè:
i tè bianchi, che hanno fatto di recente la comparsa nei negozi o sugli scaffali di alcuni supermercati, e sono prodotti in piccola quantità in Cina e Sri Lanka; i tè gialli, molto rari; i tè verdi, coltivati per lo più in Cina e Giappone; i tè Oolong, originari di Formosa e detti anche tè semi fermentati; i tè neri, i più comuni e diffusi, le cui varietà sono familiari alla gran parte di noi occidentali. Sono almeno 18 i Paesi che nel mondo coltivano la Camelia Sinensis, la pianta da cui deriva il tè.
E sembra sia difficile, se non impossibile, descrivere le innumerevoli fasi di lavorazione per ottenere foglie arrotolate, appallottolate, sminuzzate, tritate e tutte quelle mille sfumature sottili di fabbricazione che donano tonalità, colori e sapori.
Nel rituale inglese del tè, ogni ora deve avere un tè diverso, così come ogni piatto.
Per riportare un esempio, la Tea Council Ltd e l’Academy of Food and Wine – che hanno pubblicato alcuni consigli di degustazione, propongono l’English breakfast, miscela tradizionale di tè neri, per i piatti più vari – dal bacon alla torta di mele.
I tè dello Sri Lanka invece sono adatti ai sandwich con cetrioli, ai crostini al pomodoro, ai dessert agrumati, come la crema a base di limone e uova.
Rispondi